1 Agosto Mestre ’68

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Testo Della Canzone

1 Agosto Mestre '68 di Gualtiero Bertelli

A casa senza voce, con le mani
sporche dei sassi raccolti sui binari,
per una volta ancora dopo tanto
mi son sentito armato e non inerme
contro i nemici nostri di sempre.
Hai cercato nei loro volti lo scherno e la freddezza
di chi ti ha caricato tante volte
“Pula fascista, vienimi addosso!”, una rabbia ed una forza sconosciute.
Primo d’agosto, Mestre, 68,
cinquemila di noi alla stazione,
trecento celerini lì davanti,
pronti come sempre a sparare
per difendere il mio padrone.
Ti sei giurato in cuor tuo
che non avresti ceduto mai
anche se non dimentichi la paura delle legnate e dei fucili
provati troppe volte a tu per tu.
Noi si gridava Edison in ginocchio
e poi Montecatini assassini,
le armi vostre sono i siderati, padroni,
ma questa volta ci temete
perché siamo tanti, troppi per voi.
E mentre vi aspettiamo,
servi di chi ci sfrutta,
vi siete finalmente ritirati, in preda anche voi per una volta
alla paura di esser picchiati.
Se questa è violenza, o padrone,
abbiamo scordato la tua legalità,
solo la tua violenza è autorizzata,
a questa noi opponiamo l’unità:
colpo su colpo, senza illusioni,
giorno per giorno senza più paura,
uomo per uomo nasce la lotta;
di tanti primi d’agosto sarà fatta la nostra liberazione,
di tanti primi d’agosto sarà fatta la nostra rivoluzione.

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Accordi

     
  Do         Sol7           Do   Do7
A casa senza voce, e con le mani
Fa                   Sol         Do    Do7
sporche dei sassi raccolti sui binari;
Fa              Sol        Do
per una volta ancora, dopo tanto,
   Sol7                      Do
mi son sentito armato e non inerme
           Sol7                Do
contro i nemici nostri di sempre.

                      Sol7
 Hai cercato nei loro volti
                     Do
 lo scherno e la freddezza
    Fa            Sol        Do
 di chi ti ha caricato tante volte:
   Sol                     Do
 «Pula fascista, vienimi addosso»
 Sol7                           Do
 una rabbia ed una forza sconosciute.

Primo d’agosto, Mestre, sessantotto:
cinquemila di noi alla stazione,
trecento celerini lì davanti
pronti come sempre a sparare
per difendere il mio padrone.

 Ti sei giurato in cuor tuo
 che non avresti ceduto mai
 anche se non dimentichi la paura
 delle legnate e dei fucili
 provati troppe volte a tu per tu.

Noi si gridava: «Edison in ginocchio!»
e poi: «Montecatini assassini!»:
le armi vostre sono lì schierate,
padroni, ma stavolta ci temete
perché siamo tanti, troppi per voi.

 E mentre vi aspettiamo
 servi di chi ci sfrutta,
 vi siete finalmente ritirati
 in preda anche voi, per una volta,
 alla paura d’esser  picchiati.

Se questa è violenza, o padrone,
abbiamo scordato, la tua legalità:
solo la tua violenza è autorizzata:
a questa noi opponiamo l’unità.

 Colpo su colpo, senza illusioni,
 giorno per giorno, senza più paura,
 uomo per uomo, nasce la lotta:
 di tanti primi d’agosto sarà fatta
 la nostra liberazione;
 di tanti primi d’agosto sarà fatta
 la nostra rivoluzione.

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