Pierino (Il nonno e il nipotino)

È la colonna sonora dei seguenti libri:

Testo Della Poesia

Pierino (Il nonno e il nipotino) di Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli

Esso nacque, sua madre morì.
La morte per il suo cammino
com’è distratta a volte
dimenticò di prendere il bambino.
Un anno dopo il padre
riprese moglie, e il bimbo
aveva torto d’esserci.
Un buon vecchio l’esserino
accettò ch’era di troppo.
Chiusi gli occhi
tenea nella sua culla
e la boccuccia mezza
aperta al sonno,
il vecchio in braccio
si recò quel nulla
caldo, e divenne madre;
Era suo nonno.
Quando si resta soli al mondo,
un po’ di più, che c’è di meglio a fare
ch’esser mite e buono?
Essere quello che, via,
via che passa
gente ne spera il piccoletto dono?
Quello che gente picchia alla sua porta
ed ei s’affaccia col pio capo bianco?
Quello che prende su ciò che ha lasciato
di se la madre morta?
Quello che al bimbo che ricerca il petto
di mamma e annaspa con le sue manine,
porta la capra che lascia il capretto
sopra le balze alpine?
Dunque Pierino nacque,
fu povero orfanello, ebbe gli occhini
di cielo col riflesso
del latte, e poi, bel bello
quel solitario balbettio sommesso
che par la boschereccia d’un uccello:
fu l’angelo ch’è l’uomo
avanti d’esser uomo: ed il suo nonno
lo contemplava al mo’ che si contempla
un cielo che si dora:
e quel tramonto amava quell’aurora.
Il nonno lo portò nella sua casa
antica e grande in mezzo a un gran giardino.
Oh! quanto verde! Intorno c’erano peri e meli
un tremolar di steli,
frulli di foglie e d’ale
per farlo compitare,
un gridio di cicale
nel grave mezzogiorno,
e poi tra lusco e brusco
i pigolii sommessi dei nidi sui cipressi
e cinguettii di polle,
e lo sdrucciolo molle
dell’acqua in mezzo al musco;
era per l’angioletto un paradiso
accettò ch’era di troppo
quell’antico giardino!
Al Paradiso s’avvezzò Pierino.
Sua balia era una capra,
suo fratello di latte era un capretto
e il caprettino adesso già faceva
le sue corse ed i suoi balzi
e l’omettino anch’esso
volle incignare i suoi piedini scalzi
e fece il primo passo
e fatto il primo volle farne un altro…
un altro, un’altro.
E via col capo avanti
e con le braccia avanti,
via che passa
trempellando, nuotando, vacillando
fra le tremule mani del buon avo,
che gli era intorno e gli dicea
“Vieni oh! non ti tengo più…
là… là… là… bravo
Oh! bei giorni sereni
com’erano contenti!
S’udian due risatine a quando a quando
ch’eran tutte e due la gentil cosa
ch’erano tutte e due color di rosa
senza biancor di denti.
Egli era il re, suo nonno
era il suo servo: “Babbo aspetta!”
il nonno aspettava
“No vieni” egli veniva
“Ridi” rideva
“Canta” cantava.
O Famigliuola
fra i nidi e l’ombre,
sola, sola, sola.
L’uno sui due anni, e l’altro sugli ottanta
l’uno dicea le ultime parole,
l’altro le prime
ed erano le stesse.
Dicea il nonno al bimbo le più care
le meglio che sapesse
Dicea: “Pierino, core del mio core”
e lui: “Pielino, cole del mio cole”.
Li benediva il sole.
E suo padre? Suo padre
Vivea con l’altra moglie: e nella casa
Intanto era un novello essere entrato:
a Pierino era nato
un fratello e vagìa nella sua culla,
Pierino non sapeva
E non vedeva nulla;
avea suo nonno, e molto era beato.
Altro per lui non c’era.
E suo nonno, una sera,
morì….Non se ne accorse
Pierino; non capì. Spesso suo nonno
Gli aveva detto: “Pierino,
presto, domani forse,
morrò: questo tuo povero nonnino
che ti voleva tanto tanto bene,
non lo rivedrai più….” Sì; ma Pierino
non lo capiva un sonno
che non ha un caffè e latte al suo mattino!
Un prete andava innanzi mormorando
Le sue preghiere. Verde era e fiorita
La campagna, odoravano le siepi.
Alcuni vecchi raccogliean la voce
Del prete con un brontolio discorde.
Una vacca aggiaccata sopra un greppo
Li guardò coi suoi grandi occhi materni.
Dietro l’umile cassa era il piccino.
Si giunse al camposanto solitario
Cinto d’una macèa verde di felci,
senza cipressi, senza monumenti,
pieno solo di croci e di fiorranci.
S’entrava da un cancello, che la notte
Si chiudeva. Alle verdi aste di legno
S’attorcigliava un’edera. Pierino
(perché mai?) si fermò con gli occhi fissi
A riguardare il tremulo cancello.
Dopo due mesi…- “Brutto!
Sudicio! Sporco! Non si può guardare!
Via! Non lo voglio a tavola. Oh! Ecco
Io non ci reggo più! Mangia lui tutto!
Domani acqua e pan secco!
Lèvati, brutto! Vattene, cretino!
Nato male!” A chi parla ella…? A Pierino.
O povero Pierino!
Dopo portato il nonno al camposanto,
venne un uomo (suo padre) ed una donna
con un bambino, l’altro. E quella donna
l’aborriva, e Pierino non capiva.
Ma pianse, e quanto! Quanto!
S’addormentava a sera
con gli occhi pieni zeppi del suo pianto;
li riapriva a giorno
con una meraviglia nera nera.
“O dov’è?” –non appena era veduto,
“che fai costì?” – gli si diceva, ed esso
a poco a poco s’appartò nell’ombra:
Era come una culla
Che si affonda nell’acqua a poco a poco.
Non rise più: gli presero i balocchi
Suoi, per darli a quell’altro. Non un giuoco
più: non parlava più: solo con gli occhi
grandi cercava intorno.
Il cocchino d’un tempo
diventò l’appestato, il maledetto.
Suo padre non vedeva: egli vedeva
con gli occhi della moglie!
Oh! Era stato un angioletto; ed ora?…
Gli si diceva: “Al diavolo…” La cosa
Però finiva in baci ed in carezze….
Oh! Non a lui – “Mio bottoncin di rosa!
mia gioia e luce! Vita mia! Cuor mio!
Io v’ho lassù rubato
Il più bello dei vostri angioli, o Dio!
Io porto il vostro paradiso in collo!”
Pierino in terra, muto, in un cantuccio,
si ricordava un po’…Quelle parole
Non gli eran nuove. Non piangeva. Il viso,
Lo smunto suo visino,
voltava in là. Guardava fiso fiso
all’uscio del giardino.
senza cipressi, senza monumenti,
Una sera…una sera
lo cercano: non c’era
più. Dov’era? D’inverno!
per una nottataccia orrida e buia!
La neve avea coperte
Le tracce dei suoi piedi. Ecco, e Pierino
Si ritrovò soltanto
Sul fare del mattino.
Qualcun nella nottata
avea creduto di sentir per aria
Una voce di pianto,
Una voce di vento solitaria:
“Papà! Papà! Papà!” Tutto il villaggio
Cercò di qua, cercò di là. Pierino
Era nel camposanto.
Egli era steso, freddo come pietra,
avanti quel cancello.
Com’era giunto per la gran pianura,
dentro la notte scura,
Sino all’entrata? Delle sue manine
Una toccava un’asta del cancello.
Avea voluto aprire.
Lì dentro era qualcuno che l’amava!
Avea chiamato tanto! Tanto! Tanto!
“Papà! Papà! Papà!”
Era caduto alfine,
rimpetto al camposanto.
Pierino s’era anch’esso addormentato
A quattro passi dal suo vecchio amico.
L’avea chiamato: il nonno
Non si destava: e allor gli pigliò sonno.

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