Canto I – Ezra Pound Testo della poesia

L’albero m’è penetrato nelle mani – Ezra Pound Testo della canzone
EZRA POUND, IL POETA FASCISTA
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Ezra Pound, il noto poeta e critico statunitense, nacque a Hailey, Idaho, nel 1885, e si spense a Venezia nel 1972. Cresciuto in una famiglia dalle radici quacchere e puritane, trascorse gli anni giovanili a Filadelfia, intraprendendo gli studi presso l'Hamilton College di Clinton e l'Università di Pennsylvania. Dopo il trasferimento in Europa, dove avrebbe trascorso gran parte della sua vita, pubblicò la sua prima raccolta di poesie, intitolata "A lume spento" nel 1908, durante il suo soggiorno a Venezia.

Nel 1909, si trasferì a Londra, dove concepì un ambizioso progetto di riforma e rinascita della società. Pound ereditò dall'illustre J. Ruskin un profondo interesse per l'economia e la sua connessione con l'arte, così come dai preraffaelliti trasse una passione per l'epoca medievale, come dimostrato nella sua opera "The Spirit of Romance" del 1910.

A partire dal 1918, intraprese collaborazioni nel campo della critica musicale sotto lo pseudonimo di William Antheling e nella critica d'arte con quello di B. H. Dias. Nel 1913, pubblicò sulle pagine della rivista "Poetry" il manifesto dell'imagismo intitolato "A few don'ts by an imagiste", documento che rappresentò l'incisiva guida di Pound per i poeti della sua generazione, invitandoli a una maggior consapevolezza del processo creativo e indicando la via verso una poesia volta a catturare l'immagine in modo conciso e oggettivo.

A partire dal 1913, l'associazione tra il linguaggio poetico e l'ideogramma divenne il fondamento del pensiero di Pound. Il poeta statunitense identificò nell'ideogramma "il documento di un pensiero privo della sostanza metafisica che condiziona il linguaggio e la logica occidentali". Da ciò scaturì l'interesse e la dedizione verso la scienza e la tecnologia, campi in cui Pound cercò una logica e un pensiero alternativi per ricostruire il concetto di estetica e il linguaggio dell'Occidente.

Durante gli anni trascorsi a Londra, Pound ebbe incontri cruciali, includendo figure di spicco come Yeats, Eliot (che in seguito avrebbe accolto numerosi suggerimenti di Pound in "The Waste Land") e Ford. Si aggiunsero anche incontri con A. Orage, teorico del socialismo corporativo e direttore della rivista "New Age", e successivamente con D. H. Douglas, fondatore del "Social Credit". In questo periodo, iniziò anche la corrispondenza con James Joyce e si delineò la nascita dei "Cantos", il suo epico poema scritto nel corso della vita, pubblicato a sezioni a partire dal 1917 con "Three Cantos".

Nel 1920, Pound concluse la prima fase della sua produzione poetica con il poemetto "Hugh Selwyn Mauberley" e nel 1921 lasciò l'Inghilterra per trasferirsi a Parigi, dove nel 1922 compose l'opera musicale "Villon". Dal 1925 al 1945, risiedette a Rapallo.

Con "How to Read" del 1929, si aprì la seconda fase della sua riflessione teorica (ABC of reading, 1934; Make it new, 1934; Guide to Kulchur, 1938), che guidò la creazione della seconda parte dei "Cantos". L'incontro con l'opera dell'etnologo tedesco L. Frobenius enfatizzò l'importanza del fattore economico nel pensiero di Pound (ABC of economics, 1933), mentre si approfondì la complessa riflessione sull'usura, che influenzò l'antisemitismo di Pound. Quest'ultimo si avvicinò progressivamente al fascismo italiano, pur mostrando diffidenza nei confronti del nazismo tedesco. Negli anni Quaranta, iniziarono le sue pubblicazioni su "Il Meridiano di Roma" e tenne una serie di discorsi in lingua inglese alla radio italiana.

I radiodiscorsi di Pound, fortemente caratterizzati dall'antisemitismo, dall'opposizione alla guerra e alla politica di Roosevelt, contenevano anche il progetto di un mondo liberato dall'usura e dall'avarizia, ricondotto a una mitica "pax saturnia" che Pound sognava, guardando a certi elementi rurali del fascismo. Accusato di tradimento, nel 1945 venne catturato dalle truppe americane di liberazione e internato in un campo vicino a Pisa, dove scrisse i "Canti Pisani" (pubblicati nel 1948).

Trasferito negli Stati Uniti per un processo che non ebbe mai luogo, venne dichiarato mentalmente infermo e rinchiuso per 12 anni nel manicomio criminale di Saint Elizabeth a Washington. Qui scrisse le sezioni "Rock-Drill" e "Thrones" dei "Cantos". Una volta liberato, nel 1958, si stabilì nuovamente in Italia, dove visse fino alla morte, scrivendo l'ultima parte del suo poema "Drafts and Fragments of Cantos CX-CXVII" nel 1969. L'opera di Pound è stata ampiamente tradotta in Italia dalla figlia del poeta, Mary de Rachewiltz (Opere scelte, 1970; I Cantos, 1985), che ha anche promosso la costituzione dell'archivio poundiano presso la Yale University, Beinecke Library, negli anni Sessanta.

Il Testo della canzone di:
Canto I – Ezra Pound

Poi scendemmo alla nave,
e la chiglia tagliò il divino mare
drizzammo l'albero e le vele della nave negra,
a bordo portammo pecore e i corpi nostri
carichi di lacrime, e il vento in poppa
ci avviò con panciute vele,
di Circe benecomata arte fu questa.
Poi sedemmo sulla nave, correndo col vento
a vele tese sino a sera.
Spento il sole, ombra sull'oceano,
noi venimmo al limite delle acque profonde,
alla terra dei Cimmeri, e città popolose,
sovra tessuta nebbia fitta, mai strale
di sole la trafigge
nè rotando alle stelle, nè tornando dal cielo,
notte fosca copre quella misera gente.
L'oceano in moto contrario, noi venimmo al luogo
predetto da Circe.
Qui Euriloco e Perimede compiron riti,
traendo la spada dal fianco
scavai il fosso di un cubito quadro;
ad ogni morto spargemmo libagioni,
Idromele, poi vin dolce, acqua con bianca farina.
Molte orazioni mormorai sulle inferme teste dei morti:
come d'uso, giunto ad Itaca, i migliori bovi
sacrificherò, ammassando beni sulla pira,
e al solo Tiresia un nero campano.
Sangue scuro scorreva nella fossa,
anime dell'Erebo, morti cadaverici, schiere di spose,
di giovani e di vecchi provati dagli affanni;
anime ancor macchiate di fresche lacrime, blande fanciulle,
uomini molti, dalle teste tartassate da lance di bronzo,
predati in guerra, ma pur recanti sanguinose armi,
mi s'affollarono intorno, urlando,
impallidii, gridai ai miei uomini per altre bestie;
trucidarono i greggi, pecore colpiron con bronzo;
versai unguenti, invocai gli dei,
l'immane Plutone, lodai Proserpina;
a spada sguainata
allontanai gli impetuosi ed impotenti morti,
fino ad udir Tiresia.
Ma prima venne l'amico Elpenor,
l'insepolto, gettato sulla terra lata,
salma abbandonata in casa di Circe,
non pianto, non sepolto, ché altro urgeva.
Miserando spirito. E io gridai affrettato:
"Elpenor, come giungesti all'oscura sponda?
Hai preceduto a piedi i rematori?"
Ed egli con parlar lento:
"Malo fato e molto vino. Dormii presso il fuoc di Circe.
Scendendo caddi per la lunga scala
contro il barbacane
rompendomi l'osso del collo, e l'anima cercò l'Averno.
Ma vi prego, sire, ricordatevi di me, non pianto e insepolto,
ammucchiate l'armi mie, la tomba sul lido porti:
Misero fu, ma con fama futura
E sul tumulo s'innalzi il remo mosso tra i compagni".
Venne Anticlea, che tenni lontana, poi Tiresia di Tebe,
tenendo l'aurea verga, mi riconobbe e per primo parlò:
"Una seconda volta? Perché? Uomo di torva stella,
visiti i morti senza sole e questo regno infausto?
Via dal fosso, fa ch'io beva il sangue,
e vaticini."
Ed io indietreggiai,
ei, forte di sangue, disse: "Odisseo
tornerà pur Nettuno contrario, sovra mari oscuri,
perderà tutti i compagni". Anticlea rivenne.
Taccia ormai Andreas Divus (che cito).
In officina Wecheli (stampato) A.D. 1538, da Omero.
Oltrepassò le Sirene, lungi da lì
sino a Circe.
"Venerandam".
In stile cretense, con l'aurea corona, "Venerem,
Cypri munimenta sortita est", gioconda, oricalca,
auree cinte alla vita e ai seni, palpebre di bistro,
che portò il ramo d'oro dell'Argicida. Si che:

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