Canzoni della ToscanaCaterina Bueno
Il figliol di Sbiloncolo di valle
s’innamorò della bella Giannina:
grosso ci aveva il petto e anche le spalle,
l’era ‘n’appetitosa contadina;
ma l’aveva un mappamondo
ma si’ bello grosso e tondo
e chioma nera
pareva proprio un fio’ di primavera.
E il giorno dello sposalizio
Giannina risplendeva come stella,
e se la rimirava Maurizio
dicendo «Alfin ti sposo, cara bella,
quando a letto si po’ andare
quanti baci ti vo’ dare
e in allegria
allora ti dirò: sei tutta mia».
‘Pena fenito i bocconcini boni
dissero tutti “Noi si vol ballare”
Gli arriva ‘n organino e gli altri soni
ed il trescone prencipiano a fare.
Allo sposo Maurizio
gli pareva un sacrifizio
e steva a consola’ la cara sposa.
E la vegliata a ballo fu fenita
a casa sua ne vanno l’invitati
Maurizio cominciava a gongolare.
E gli entran dentr’ alla stanza nunziale
ma la Giannina ‘un si volea spogliare.
La diceva «Mi vergogno
su via levati di torno»
Adagio adagio
la strinse al petto e glielo diede un bacio.
(Senza parole la fece spogliare,
prima il manto e dopo la gonnella,
dopo in camicia lei venne a restare
gridare «O Dio che brutta gratella,
dov’è i fianchi dov’è il petto?
tutto quanto sott’a i’ letto;
che confusione
tu se’ più secca te che ‘un è un bastone».
eppure; tutta quanta finta ll’era
ci aveva finto anche la dentiera
Maurizio ‘un si da pace quella sera.
Quei capelli
la gli aveva neri e belli;
tira Maurizio tutto invelenito,
prese i capelli e cominciò a tirare
o Dio che zucca!
e gli rimase in mano la parrucca.
Maurizio ‘ni ‘vede’ quella grandezza
prese un bastone e prencipiò a menare,
e quando gli ebbe già tanto menato
scese le scale con tutta sveltezza,
da quella casa si diede a scappare.
Prese i’ treno andò a Livorno
dalla bella non c’è torno;
e la Giannina
l’è andata in un convento cappuccina.
Tutto dolente
«Ma l’omo piglia moglie e se ne pente»