di
Gaber –
Luporini
Il sociale
il sociale.
Il sociale non so bene cosa voglia dire
il sociale.
Il sociale è uno stranissimo concetto
che non vuol dir più niente
o vuol dire tutto
il sociale forse non esiste
o si è gonfiato tanto che ha perso ogni valore
non so se è fratellanza o scienza, istinto naturale
o amore.
Il sociale è una nozione delle più confuse
che per ragioni misteriose abbiamo il dovere di salvare
il sociale è un calderone cerebrale
dove sta dentro qualsiasi cosa
è l’organizzazione del lavoro, i conti della spesa
i poveri, la casa
è un assistente premurosa che ti rincalza il letto
come una sposa.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Il sociale è una magia bianca
che ci avvolge e ci ammanta
il sociale è un frigorifero di sogni
o un gran sfera di cristallo
formata di statistiche e bisogni.
Il sociale è il passatempo
della demagogia politica mondiale.
È l’alibi dell’uomo di sinistra
che se lo porta a casa e lo riveste di ideologia
così adatta a far passare meglio qualche vecchia idea
ma è l’alibi dell’uomo anche di destra
che in fondo del sociale se ne frega
ma dopotutto è una nozione così vaga
e così adatta alle speculazioni di bassa lega.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Il sociale è la coscienza di tutti i cittadini
le centocinquanta ore e poi contraccettivi per far bene all’amore
le strade ben tenute, la carta nei cestini
e finalmente han fatto anche i cessi per i cani
una specie di latrina socialista
pulita e poco in vista.
Il sociale è questo assurdo paradosso
è questa inflazione d’amore
che ci piove addosso.
Stanateli, stanateli, stanateli.
Il sociale non è più una tendenza naturale
non è più neanche un’istintiva aggregazione
ormai è solo un baraccone di accoglienza
un’alleanza solidale che mette a posto la coscienza
un puro e semplice servizio
un passatempo da signore scalmanate
per soddisfare qualche sfizio.
Il sociale è l’alibi prezioso del potere
una politica votata al nostro bene
un impegno comune, allegro e scanzonato
come le vecchie commedie di costume.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
E finalmente i risultati elettorali
ci possono anche divertire
coi loro tabelloni come a “Giochi senza frontiere”
perché il sociale è il nostro carnevale organizzato
è l’anno della donna, è l’anno del bambino, è l’anno dell’handicappato
è l’anno della pace, l’anno del concilio
la gente guarda si diverte
come a un cinemino a domicilio.
Il sociale ha vinto, ha avuto ragione
il sociale ha vinto con raffinato adescamento e coercizione
col gran bombardamento e la sua furia smisurata di seduzione.
Stanateli, stanateli, stanateli.
E tutti quanti sono sociali fatta eccezione per qualche mattacchione
tutti quanti sono sociali in modo un po’ coglione
e come sono strani i cosiddetti buoni
che hanno bisogno di grossi e commoventi contenuti umani
che hanno bisogno della tragedia e della fame
di baraccati e terremoti, di una terribile alluvione
o di qualche sciagura clamorosa
per espiare, per godere, per far bollire le loro carni rosa.
E come sono strane le loro facce buone
in giudiziose tavole rotonde alla televisione.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Come sta il sociale? Sta bene, grazie.
Il sociale è diventato soprattutto il tempo libero totale
le grandi camminate, l’estate romana
Milano d’estate e poi i digiuni per la pace
e canto e ballo e mostre e i Bronzi di Riace
il sociale è diventato proprio tutto purché sia spettacolare
folclore popolare e carnevale come niente fosse
cortei, risotto in piazza e un po’ di aggiornamento per le masse
sondaggi di opinione, simpatiche interviste
che fanno venir fuori un po’ di nuovi umori e di genialità
il sociale è la faccia di Costanzo e di Gianni Minà.
Il sociale sta diventando una sciagura
per non parlare di quanto costa agli assessori della cultura
il sociale è un’alluvione, è un uragano
è il cinema, il teatro per le scuole
è il centenario wagneriano
e noi che andiamo, andiamo, andiamo, andiamo
un po’ per gioco, un po’ per non morire, un po’ a casaccio
e se oggi ritornasse Emanuele Kant
farebbe il tutto esaurito al Brancaccio.
Stanateli, stanateli, stanateli.
E viene spesso da pensare con un po’ di dispiacere
che ormai non c’è più niente di esclusivo e riservato
e viene voglia di scazzare e anche di dire
che la cultura dovrebbe essere segreta
e che non fa bene spalmata sopra il pane come la marmellata.
E se c’è ancora della gente strana
che ama solo la sua tana
e se ci sono ancora i non socializzati
che fan fatica a prendere parte
agli ideali luminosi che gli sono dati…
stanateli, stanateli, stanateli da casa
massaie, scuole medie, pensionati, vecchi e bambini
stanateli, stanateli, portateli coi torpedoni
col sacrosanto abbonamento, coi pulmini dei comuni
con le ambulanze, gli appositi lettini, le seggiole portatili.
Stanateli, stanateli, stanateli, stanateli
stanateli, stanateli, stanateli, stanateli
stanateli, stanateli, stanateli, stanateli.