di
Gaber –
Luporini
Com’è cambiata questa camera. Prima era un casino di fogli, foglietti, tutto al muro, manifesti Marx, Hengels, attaccati male; partiva un chiodo e BLUFF giù un testone! E poi prima che torni la giornata del chiodino…
Ah, una bella imbiancata e via, fa tristezza? Abitudine, il mio bel armadione, lo specchio. Vabbe’ spogliamoci va’.
Che faccia ragazzi! Le spalle curve, le gambe magre e queste mutande, pervinca.
Mah, questa volta va a finire che lo faccio davvero, certo, che senso ha? Magari davanti allo specchio, nudo, sì, via anche le mutande. Ecco questo sono io. Gli specchi non servono a niente, non so neanche che faccia avrò con gli occhi chiusi. Non riesco a fregarlo, non importa. Questa volta mi ammazzo davvero. Mi ricordo che una volta volevo ammazzarmi per amore, mi aveva detto che non mi amava più. Un attimo prima che glielo dicessi io, quel tanto che basta per farti impazzire, ti senti escluso, abbandonato e lei non si accorge neanche dell’ingiustizia che ti ha fatto, e tu ti ammazzi. Così impara. Educativo. E dopo ti ama per tutta la vita… la sua vita. Cazzate, suicidi a caldo.
Ma tu guarda che faccia ragazzi, non c’ho mica la faccia di uno che soffre, è il mondo…
Suicidio a freddo, di controinformazio… PUM… e tutto cambia e il mondo tremendo e ostile viene subito a rotolarsi ai tuoi piedi come una palla docile, sorniona, scodinzolante, affettuosa… un cocker. Vabbè, sembra che poi nessuno c’abbia avuto la soddisfazione di vederlo, il cocker.
Quasi quasi mi rivesto e vado da Giuseppe. Giuseppe è sensibile, so già cosa mi dice: “Ci sono mille modi di riinteressarsi alla vita”, lui ci crede ciecamente nelle passioni, “mille modi. C’è gente che fotografa gli uccelli nei loro nidi e fa dei corsi meravigliosi per impadronirsi di questa tecnica speciale!”. Ci sono davvero questi corsi! C’è tutto!
No, non devo andare da Giuseppe, non posso distrarmi con la fotografia. Siamo così futili che le distrazioni ci possono impedire di morire.
No, meglio Athos, Athos è obiettivo, non sta mica a tirarmi su di morale con delle cazzate, eh. Vado lì, gli racconto tutto, tutto-tutto fino alla fine e: “…ecco lo vedi anche tu, sono un fallito!”, e lui: “Sì” e mi indica la scogliera, ‘sto deficiente, insensibile, ma che si ammazzi lui! La scogliera… casomai il modo melo scelgo io, un modo che sia mio, un modo giusto per… bisogna essere prudenti, quando ci si ammazza.
La scogliera! La scogliera va bene per Bergman, nordico, religioso. Già, come si ammazzerà la gente importante? Non so, la Mina? Aspidi, maledetta non ne sbaglia una. E Antonioni? Il regista. Gas, gas a bombole BSSS. E Arbasino? Svenamento, un classico. E Moravia? Moravia si prepara calmo, sereno, sobrio, due righe, quattro righe, dodici volumi e si fa murare vivo e dopo si sente PUM-PUM. E Lucio Battisti? A fari spenti. Con Mogol… questa era facile. E Pannella? Marco Pannella. Eccolo, me lo vedo: piccola conferenza stampa, la stanza circondata da amici… la cicuta. E lui che parla calmo con Adele Faccio, con Spadaccia e questa volta muore davvero.
Eh sì, ognuno c’ha la propria estetica. E io? Con questa faccia? questa camera? queste mutande? potrei buttarmi sotto un… come se fosse una forte attrazione fisica, una cosa bella, un momento di gioia. Troppo vitale, esteticamente vecchio, sa di poeti.
Oppure potrei uccidermi senza nessun dolore, nessuna rabbia, nessuna passionalità, senza nessuna voglia di riscatto. Un suicidio svedese, più adeguato a quello che succede. Eppure sento che anche questo è già vecchio, esteticamente.
Forse oggi, esteticamente, mi rimetto gli slip pervinca, mi rivesto, esco, e vedremo come va a finire. C’è una fine per tutto e non è detto che sia sempre la morte.