di
Gaber –
LuporiniMONOLOGO
E quando sei lì, al mare, sdraiato a goderti il sole, su una spiaggia qualsiasi… Arriva, il negro, voglio dire, l’uomo di colore. Ahi! Che faccio? Quello di far finta di dormire è un vecchio trucco che non funziona mai… “Ehi! Amigo! “
Madonna com’è grosso e com’è nero… voglio dire, colorato… colorato di nero, però. Dicono che quelli neri-neri siano i migliori, i meno aggressivi. D’altronde l’idea di uno scontro fisico non è certo da prendere in considerazione. Lui è lì, pieno di cinture, sciarpe, cappellini, borse, valige, tappeti, asciugamani e maglioni. Insomma, tutto quello che otrebbe portare un camioncino di medie dimensioni… e PUTUTUTUPUM!… tutto in terra. E ora prova tu a non comprare niente. Guarda come suda. Povero Cristo. Chissà da dove viene… in fondo anche lui deve mangiare. Magari con un sacco di figli, quattro o cinque mogli… giovani… però, che salute!
Dopo un po’, alle ore quattordici, sotto il sole cocente di agosto, mi rimetto sdraiato con la gioia di aver acquistato alcuni oggettivi utili tra cui una sciarpa di lana finto cashmire e un bel giaccone di montone. Benissimo!
E quando sei lì, tranquillo, in un ristorante qualsiasi, in compagnia dei tuoi pensieri migliori, sei lì, in attesa della seconda portata sbriciolando dolcemente… Arriva, il sordomuto… voglio dire l’audioleso. Viene avanti col suo passo felpato. In un silenzio imperturbabile posa sul tuo tavolo un piccolo pupazzo e un biglietto con su scritto: ‘sordomuto’. L’avevo capito.
Generalmente non ce la fai a ridarglielo subito, il pupazzo, perché il felpato se n’è già andato. Solo chi frequenta poco i ristoranti può pensare che sia un gentile omaggio seguito da un poetico addio. Io, no. Io lo so che torna e sbriciolo un po’ più nervosamente.
No, non è per i soldi. È che non se ne può più. Adesso quando torna gliene dico quattro. Ma cosa gli dico?… Non si può neanche litigare.
Rieccolo, il felpato. Certo che, poveraccio, se è proprio vero che è sordomuto… “Ecco, tenga”. Un cenno di ringraziamento e si allontana.
Rimango da solo di nuovo, sempre in attesa della seconda portata, e mi viene in mente che una volta ho visto un film. Non mi ricordo bene la storia. Non mi ricordo neanche le intenzioni del regista. So che quando uscivi, solo per il fatto di non essere sordomuto, ti sentivi una merda. Benissimo.
E quando sei lì, tranquillo, a un incrocio qualsiasi, a bordo della tua macchina pulita, appena lavata… Arriva, il marocchino, voglio dire… il lavavetri. Maledizione, non l’avevo visto, se no mi fermavo prima, o cambiavo strada. Lui viene avanti col suo bastone, e io… “No, grazie…” col ditino, due volte, e alla fine: “NOOO!”.
Ce l’ho fatta. Sono stato un po’ cattivo, ma efficace. E proprio in quel momento… SCIAFF!… La spugna sul vetro. E tutta l’acqua che cola sulla tua macchinina pulita, appena lavata. Che male! E lui col tampone WOM-WOM! Due passate. Va un po’ meglio, sono rimaste solo un paio di righine orizzontali, credevo peggio… ma appena mette giù i tergicristalli… SSSCCC!… Tutte le goccioline… che poi mi rimangono le righine verticali. Che male!
Non t’incazzare, non t’incazzare, non t’incazzare che poi sei anche razzista.
C’avessi qui un mille lire… che più rapido è e meno si soffre. Macché, il portafoglio… perché dev’essere così incastrato… non c’ho le mille lire neanche nel portafoglio.
Cinquemila, “Cinquemila, tenga pure.”
A questo punto lui è raggiante e, dato che io ho il finestrino abbassato, mi appoggia una mano sulla spalla… “No, grazie, questa l’ho già lavata”.
Quando arriva il verde, riparto con la mia macchina pulita, appena lavata, e col vetro pieno di righine orizzontali e verticali… Benissimo!
Eh, sì! È vero, troppe volte accade di non sentirsi perfettamente a nostro agio. L’esistenza di qualcuno che sta male è una specie di tabù, qualcosa che non vorremmo vedere.
È come se dentro di noi ci fosse uno strano senso di colpa che non sappiamo spiegare e allora, forse per riparare, abbiamo bisogno della nostra buona azione quotidiana.
No, intendiamoci, ben venga qualsiasi slancio che possa alleviare le sofferenze di altre persone. C’è solo da sperare che la nostra bontà sia il più possibile pulita. Perché anche la bontà se è compiaciuta, finta o addirittura interessata, non serve certo a procurarsi un posto in paradiso.
Sono esigenti i guardiani del cielo. La sola moneta che vogliono è l’amore.