di Gaber – Luporini
E io che ancora mi innamoro come uno scemo
perché l’innamorarsi è uno specifico dell’uomo
spudorato mi accosto all’incerto dei tuoi richiami
sono io che deliro e tu che ami.
Non so dove ora tu sia giunta
cara indimenticabile Maria
che all’inizio degli anni Settanta
conoscesti la rabbia e l’ironia.
Avevi il dono assai inconsueto
di ridere persino del tuo mito
e l’intuizione di una strana fede
per cui una cosa è vera soltanto
quando non ci si crede.
Perché per credere davvero
bisogna spesso andarsene lontano
e ridere di noi come da un aeroplano.
Se tu fossi davvero esistita
cara indimenticabile Maria
fin da allora potevo imparare
a congiungere il vero e la bugia.
E nelle notti massacranti
riempite di parole intelligenti
e nell’angoscia della vita
ho in mente ancore l’eco
della tua risata.
Perché per vivere davvero
bisogna spesso andarsene lontano
e ridere di noi come da un aeroplano.
Forse sei solo un’ipotesi di donna
forse sono esagerati i sentimenti
e i mille spunti che mi dài
se è vero che si tratta
di una Maria che non conobbi mai.
Ma so che a me piace pensarti
cara indimenticabile Maria
come fossi davvero esistita
col tuo gusto di amare e andare via.
Perché persino nell’amore
nell’eccellenza del soffrire
nella violenza di una litigata
eri così coinvolta
e così distaccata.
Perché per credere all’amore davvero
bisogna spesso andarsene lontano
e ridere di noi come da un aeroplano.
E che la logica assurda del tempo
questo tempo che tutto porta via
riesca almeno a salvare il tuo nome
Maria.