L’insolito commiato del signor Augusto

Album

È contenuto nei seguenti album:
1987 Parlami d’amore Mariù

Testo Della Canzone

L'insolito commiato del signor Augusto di Giorgio Gaber

di GaberLuporini

MONOLOGO

(Interno – pomeriggio)
La stanza è un specie di ampia anticamera, uno studio di avvocato, ordinato e pieno di libri, dove spiccano alcune stampe vagamente antiche, e un comò di buon gusto sei o settecentesco. Non importa. Taglio perché questi particolari non aggiungono niente alla storia.
Forse sto vivendo uno di quegli attimi in cui uno non capisce bene che sta succedendo, e perché. Ma siamo tutti qui davanti a quella porta che dà su una camera, dove il signor Augusto vive forse le sue ultime ore, e senza l’assistenza dei suoi famigliari. È una sua scelta… forse pudore esasperato, egoismo, altruismo… chi lo sa… forse perché in certi momenti le persone più vicine… sì, i figli, la moglie… Taglio!… perché è quasi impossibile capire come in certi casi possa essere straziante… farsi vedere dai familiari…
Con me è diverso. È riuscito a parlarmi anche in questi giorni. Evitava qualsiasi accenno alla sua malattia. Soltanto una volta ha sussurrato: “Da un giorno all’altro mi troverò improvvisamente privo di dolore.
Era molto bello come lo ha detto. Gli anziani sono quasi sempre belli. Forse perché i loro lineamenti si acquietano. Non devono più fare sforzi per apparire in un certo modo. Sono in pace con le loro rughe. E tutto diventa armonioso.
Ecco come lo vedo io, il signor Augusto. È come se sentissi per lui una forma di ammirazione e di amore… quasi sconosciuto. Taglio. Esce il medico: “È tranquillo e non soffre.” dice con tono rassicurante. “Non ha più bisogno di me, purtroppo.”
La moglie è immobile su una sedia. Il figlio e la figlia camminano avanti e indietro in silenzio. Lei ha gli occhi rossi di pianto. È strano che malgrado l’età io mi sia inteso sempre più col padre che con loro. Anche con la signora Rosita non mi sono mai capito… Mi sembra sempre di un’ovvietà disarmante… anche un po’ bigotta. Non cattiva, ma… insomma… una donna non cresciuta.
Taglio!… perché in fatto di miserie uno capisce solo quelle simili alle sue.
“Ma perché non vuol vederci…” dice la figlia quasi implorando. Forse non lo capirà mai.
Da più di dieci giorni il signor Augusto è lì dietro quella porta che incomprensibilmente recita le sue ultime ore con un’anziana infermiera. Un modo strano di allenarsi alla morte… senza attorno quelli che gli vogliono bene. Probabilmente è solo perché non vuole vederli soffrire.
E allora io? Forse non lo sa quanto io…
Sì, è strano sentirmi così attaccato a un uomo che ha venticinque anni più di me. Un tempo era molto amico di mio padre. Mi portavano a pescare quando ero piccolo. Poi mio padre ha smesso. Augusto no. Così ho continuato ad andarci io. Aveva trovato per me una canna di bambù leggerissima… E io riuscivo anche a prendere qualche pesce. Mi trattava come un nipotino. Sì, mi aveva scelto. Forse solo perché ci piaceva il lago. 0 c’era di più?… Si stava zitti per delle ore. Eppure mi ha insegnato tutto sulla pesca. Le sue mani si muovevano adagio, con sapienza. I gesti sicuri, essenziali… e poi l’immobilità, l’attesa.
Taglio, taglio.
Esce l’infermiera. Mi guarda. “Può passare, se vuole.”
La camera è in penombra. La prima cosa che si avverte è un odore acre, l’odore delle stanze dei malati. Mi avvicino. Mi fermo a un metro dal letto. Lui mi guarda fisso senza parlare. Non sembra che soffra. C’è come una specie di calma. È molto cambiato il signor Augusto dall’ultima volta che l’ho visto. Mi allunga una mano con fatica. Io lo guardo, gli sorrido, gli prendo la mano e gliela stringo affettuosamente… ma con un po’ di paura.
Il signor Augusto!… È qui davanti a me. L’avevo già visto venti giorni fa e sapevo tutto. E c’ero preparato. Ma adesso è diverso, diversissimo. Ora lui se ne va, proprio da un attimo all’altro. E io rimango fermo davanti a lui cercando di trovare la forza, almeno per compatire. Balbetto qualche parola, ma sono stordito, bloccato, con tutti i muscoli contratti. Capisco di non essere all’altezza. Ma non basta capire. Bisognerebbe essere. Dovrei trovare un altro uomo più grande di me per farlo morire dolcemente. Ora lui suda gocce così grosse che sembra che pianga con tutto il corpo. In questi momenti è straziante essere diventati poveri come si è. Si manca di quasi tutto quello che occorre per aiutare un uomo a morire. Lui è solo. Probabilmente sta raccogliendo le sue ultime forze per capire cos’è la morte.
Chiude gli occhi.
Cos’è la morte? La vecchia morte, quella che ti viene a prendere. La vecchia morte ladra. La pallida. La dama con la falce. L’infame. La bagascia. Nessuno resiste al suo richiamo. Nessuno. Che vuoi che se ne faccia un uomo del proprio corpo? Che se lo prenda lei! Eccola che si avvicina. Cammina nel giardino, indifferente. Non tocca neanche terra. Non guarda a destra né a sinistra. È lì. Gironzola. Sento il suo odore acre. Ha già deposto l’uovo. Non ci abbandona mai. Chiudete le porte, le finestre! Ma come? Non te l’hanno mai detto che devi morire? Sempre, sempre me l’hanno detto. Eppure mi disgusta, certo, non sono pronto, ho ancora da fare, e poi lo voglio decidere io. Mi disgusta quella spudorata quando arriva e ti spia, e ti aspetta, e ti sfibra, e ti vuole bianco come lei. Ti toglie il sangue e non rimane niente di niente. Nemmeno un po’ di rosa intorno al naso, sì, nel posto del raffreddore.
Eccola, arriva puntuale. Non devi far altro che ospitarla. Non viene mica per punirti. No! Per abitudine, per testardaggine. È puntigliosa, precisa. Oppure ti prende a tradimento, la vecchia bagascia, per la strada, in ospedale. Ma sì, come le piacciono gli ospedali! E i vecchi… e i bambini… tutti se li prende, l’ingorda. È tutto suo:
La fatica estenuante dei 6422 enfisemi polmonari. L’acidità arrabbiata dei 12326 alcolizzati. L’angoscia piena di domande dei 27873 ipertesi. I sussulti nervosi dei 4372 epilettici. L’ossessione sospetta delle 18227 epatiti virali. Il disprezzo incontenibile dei 47215 tossicomani. Il colore disumano e osceno delle migliaia e migliaia di cancerosi… E gli anemici, gli eczematosi. I diabetici, gli albuminosi, i paralitici, i pazzi, gli stupidi, gli inutili, i troppo, i non abbastanza… tutti, tutti, tutti dovete riconsegnare l’anima! Siete pronti? Siete in grado? Non è mica gratuito crepare. Bisogna presentare alla vecchia bagascia un bel resoconto tutto ricamato di storie. Ci vuole il bilancio, il bilancio. È esigente, l’ultimo respiro!
Eccola. È ancora lì. Gironzola. Sento il suo odore acre. Ha già deposto l’uovo. Non ci abbandona mai.
Esco. I figli mi vengono incontro. La madre rimane ferma raccolta nel suo angolo. È lì che prega in silenzio. Che strano! Non sapevo che si potesse pregare così bene… voglio dire… senza forma.
In strada sono già un altro uomo. Non basta sentire di avere toccato un’altra dimensione. Non basta essere andato un attimo nell’altro mondo. Appena in strada si ritrova subito il corso dei giorni come lo abbiamo lasciato qui a strascicare. Il corso dei giorni normale, miserabile, precario… ci aspetta.
Taglio!

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