(
Marco Ferradini)
Mario, impiegato alla Banca Popolare
Grazie ad un concorso c’è riuscito entrare
Sua madre gli dice sempre
È un lavoro da tenere stretto
Per le tredicesime e per il rispetto
Ma quello che non riesce a sopportare
Non è la camicia ma il colletto
Che lo vuole soffocare.
Mario, prego s’accomodi, buogiorno,
Cambiali, prestiti, interessi, azioni,
Ricevute di ritorno
Barba fresca ogni mattina
“Sapesse il direttore cos’ha fatto la sera prima”
Non farà mai carriera è sempre così stanco
Per forza lui di notte va a cantare poi di giorno
Si addormenta sopra il banco.
E canta , canta il blues
Dentro una bettola
Con la gente che mangia, che parla e non sta ad ascoltare
Ma quando canta il blues ritorna a vivere
E in quell’aria viziata dal fumo
Lui si sente qualcuno.
Mario, mal di testa ogni mattina
Bot, obbligazioni, dollaro, sterlina,
Ma lui è nato per cantare
E in quella gabbia di cristallo non ci riesce a stare
Vorrebbe dissolversi in un bordello americano
Vivere nel mito, morire da ubriaco,
Guidando contromano.
Vita amara!! Come uno schiavo in un campo di cotone
Lavora e intanto blusa una canzone
Non vede l’ora che si faccia sera
Per sbragarsi in un’asmatica balera
Dove c’è sempre un ubriaco disposto ad ascoltare
E lui si gasa, ci dà dentro, va in overdose e comincia a cantare
E canta, canta il blues,
E chi lo ferma più
Tira fuori la bestia che ha dentro
E si libera il cuore
Ma quando canta il blues
Ritorna a vivere
Sembra un angelo e gli mancano solo le ali.
E canta, canta il blues
E chi lo ferma più
Tira fuori la bestia che ha dentro
E si libera il cuore
E mentre canta il blues
Si sente un angelo
Quando parte l’orchestra gli spuntano pure le ali