(testo
Manlio Sgalambro)
Quel letto d’ottone in cui mi accoglievi giovinetto,
il radiogrammofono che prendeva tutto,
quando ti portavo in quel caffè
“prego, fragole con panna” dicevo
e superbo ti guardavo mentre l’altro
mi ricambiava con disprezzo
sogghignando verso te.
E la tua foto che portai tanti anni addosso
prima che un cassetto l’accogliesse e la sbiadisse,
seppi della tua morte
e rividi i tuoi boccoli
e sul tuo viso la sorte.
La mia memoria trae fuori i ricordi da un cappello
senza che io sappia perché questo e non quello.
Ho avuto delle gioie. Talvolta
si dormiva tutti e tre
io tua madre e te nello stesso letto
ma che innocenza, che santa trinità
era un gesto d’affetto e di rispetto.
O memoria perché mi inganni,
perché come se fossi vento
mi butti questa polvere negli occhi,
accarezzavo le tue ginocchia
e il tuo semplice cuore era contento.
Ho avuto delle gioie, sì.
Ti ricordo così, povera Giulia, gaia e ridente.
Impaziente mi aspettava la vita,
mentre il vento frizzante del mattino,
si portava via ogni cosa.
Avevo diciassette anni.