Parodia di
Il sogno di Maria di
Fabrizio De Andrè
Ero in riunione al centesimo piano
e stavo parlando con dati alla mano
Il buio scese tutto d’un tratto,
ma solo adesso i cojoni me gratto
Poi d’improvviso scorgemmo quel muso,
gran babilonia e il metallo s’è fuso
E poi entrarono anche le ali,
a questo punto per un momento
Mi ripromisi di fare lu vento.
Volammo davvero sopra le case
oltre i cancelli gli orti le strade
Sono atterrato davanti a un pompiere,
ehilà fratello ci facciamo un bicchiere
Dimmi che cazzo ci trovi da bere
se le tue carte diventano neve
Il tuo diagramma te lo schiaffi nel culo,
non sai spiegarti quanto accaduto
Al tuo bambino piaceva assai Pluto.
Poi ho sentito tante sirene
e le ambulanze erano piene
Le ali di prima eran di mussulmani,
caro il mio sindaco Rudolf Giuliani
Tu non capivi tanta barbarie
ai danni di un popolo che si dà arie
E le due Torri crollavano a terra
e il Presidente il labbro serra,
strillando al microfono: “Questa è la guerra”.
Le voci di strada, i rumori di gente,
non li sentivo più quasi per niente
Sbiadì l’immagine, stinse il colore
stavo volando verso il Creatore
Mi avvicinavo al soglio di Pietro,
ma nella mia mente aspettavo la metro
Lui mi chiamò con la voce soave:
“Jefferson Junior, tu e la tua razza
di dietro vi han messo una gran mazza”.
Queste parole mi han colpito, mio caro Pietro
Non siamo dei Samaritani però siamo Americani
E non ci meritiamo questo siamo della brava gente
Siamo gran lavoratori, tu tienilo a mente
E lui piano ammonendo mi sgrida, ma mi apre lo stesso la porta
“Ricordati statunitense, tirasti un po’ troppo la corda”