Antenòr – Francesco Guccini Testo della canzone

Il Testo della canzone di:
Antenòr – Francesco Guccini

Si chiamava Antenòr e niente, si chiamava Antenòr e basta
Perché per certa gente non importa grado o casta
Importa come vivi, ma forse neanche quello
Importa se sai usare bene il laccio od il coltello...

Antenòr uscì di casa, uscì di casa quella sera
Garrivano i suoi pensieri come fossero bandiera
Ma gli occhi erano fessura e il viso tirato a brutto
Come all'età in cui credi d'aver fatto quasi tutto...

Un cavallo nitrì, ma quando? Una donna rise, ma dove?
La luna, uno scudo bianco, un carro le stanghe in alto
Chitarra, ozio, parole, chitarra, ozio, parole

La pampa, un ricordo stanco, un mare quell'erba nera
Può darsi fosse romantico, ma lui non lo sapeva
Ma lui non lo sapeva, ma lui non lo sapeva...

Quella donna rideva ad ore, quella luna solo uno sputo
E per quel cavallo non avrebbe speso anche un minuto
È difficile far rumore sulle cose che ci hai ogni giorno
Le tue braghe, il tuo sudore e l'odore che porti attorno...

La cantina era quasi vuota, scarsa d'uomini e d'allegria
Se straniero, l'avresti detta quasi piena di nostalgia
Nostalgia ma di che cosa, d'un oceano mai guardato
Di un'Europa mai sentita, d'un linguaggio mai parlato?

Antenòr chiese da bere e scambiò qualche saluto
Calmo e serio danzò tutto il rituale ormai saputo
Uomo e uguale coi suoi pari, quasi pari con gli anziani
Come breve quella sera, come lunghi i suoi domani

Proprio allora qualcuno, entrando nella luce, da dentro al buio
Lo insultò appena, sussurrando, ma sembrava che stesse urlando
Come per uno schiaffo, come per uno sputo...

Antenòr lo guardò sorpreso, lo studiò e non lo conosceva
E il motivo restò sospeso fra la gente ferma in attesa
E lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva

Poi sentì di una donna il nome, già scordato o non conosciuto
Quante volte per altri è vita quello che per noi è un minuto
Guardò gli uomini per cercare occhi, dialogo, spiegazione
Ma se non trovò condanne, non trovò un'assoluzione...

Antenòr uscì di fuori, bilanciando il suo coltello
Per danzare malvolentieri passi e ritmi del duello
Una donna non ricordata ed un uomo mai visto prima
Lo legavano tra loro come versi con la rima

Fintò basso e scartò di lato, quanti sguardi sentì sul viso
Si sentì migliore e stanco, si sentì come un sorriso
Che serata tutta al contrario, proprio niente da ricordare
Puntò il ferro contro il viso, vide il sangue zampillare

Tutto quanto era stato un lampo, Antenòr respirava forte
Fece il gesto di offrir la mano, guardò l'altro e capì pian piano
Che tutto era stato invano, che l'altro cercava morte

E capì che doveva farlo, farlo in fretta perché non c'era
Un motivo per ammazzarlo, l'altro cadde e non rispondeva
E lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva

Antenòr lo guardò cadere, sentì dire "la colpa è mia"
Sentì dire "è stato un uomo", sentì dire "fuggi via!"
La giustizia disse "bandito", ma un poeta gli avrebbe detto
Che era come l'Ebreo errante, come il Batavo maledetto...

Quante volte ci è capitato di trovarci di fronte a un muro
Quante volte abbiam picchiato, quante volte subito duro
Quante cose nate per sbaglio, quanti sbagli nati per caso
Quante volte l'orizzonte non va oltre il nostro naso

Quante volte ci sembra piana, mentre sotto gioca d'azzardo
Questa vita che ci birilla come bocce da biliardo
Questa cosa che non sappiamo, questo conto senza gli osti
Questo gioco da giocare fino in fondo a tutti i costi...

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