Gli uomini che si voltano – Eugenio Montale Testo della poesia

La notte è il grande dubbio – Pedro Salinas Testo della canzone
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Eugenio Montale (1896-1981) è stato un importante poeta italiano, considerato uno dei più significativi del XX secolo. È noto per la sua scrittura densa e ricercata, caratterizzata da una profonda riflessione sulla condizione umana, l'amore, la natura e l'esperienza poetica stessa.

Eugenio Montale nacque a Genova, Italia, il 12 ottobre 1896. Studiò presso l'Università di Genova e successivamente si dedicò all'insegnamento e al giornalismo. Nel corso della sua vita, Montale ebbe una serie di incarichi importanti nel campo della critica letteraria e della poesia.

La sua opera più nota è la raccolta di poesie "Ossi di seppia" pubblicata nel 1925, che segnò l'inizio della sua carriera poetica. Questa raccolta è considerata un capolavoro della letteratura italiana moderna. Le poesie di Montale spesso affrontano temi come l'alienazione, l'angoscia, l'amore non corrisposto e la fugacità della vita. La sua lingua è caratterizzata da un linguaggio preciso e da una profonda riflessione sul significato delle parole.

Successivamente, Montale pubblicò altre importanti raccolte poetiche, tra cui "Le occasioni" nel 1939 e "La bufera e altro" nel 1956. Nel 1975 gli venne assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, riconoscimento che sottolineò ulteriormente l'importanza e l'influenza della sua opera.

Montale fu anche un critico letterario acuto e scrisse saggi che contribuirono alla comprensione e all'apprezzamento di altri autori, sia italiani che stranieri.

Morì il 12 settembre 1981 a Milano, lasciando un'eredità poetica di grande rilevanza nella letteratura mondiale. Le sue opere continuano a essere studiate e ammirate da lettori e studiosi di tutto il mondo.

Il Testo della canzone di:
Gli uomini che si voltano – Eugenio Montale

Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che così sia.
Ha raschiato a dovere la carta a vetro
e su noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico più grande del diadema
che ti abbagliava.

Non apparirai più dal portello
dell'aliscafo o da fondali d'alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non mi chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l'arco dal baraccone.

Non me lo chiedo neanch'io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.

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