Incontrarvi seduti sopra quel treno
tutti e quattro avevate vent’anni in meno
come in fondo ad un buco
che dà nel tempo;
e cercare incollando paura e amore
una scusa qualunque per non parlare:
se mi guardano in faccia
che gli racconto?
Tu eri bella e parlavi coi tuoi bambini
disegnavi sorrisi sui finestrini,
lui segnava i cavalli da giocare
e passò qualcosa di lieve,
come sole in mezzo alla neve
ed avrei voluto dirvi: “Sono io”.
Dirti: “Guardali bene, che cambieranno,
com’è giusto domani ti lasceranno”.
Dire al piccolo: “Finch´ puoi
stiamo insieme”.
Dire all’uomo che fuma senza parlaare:
“Fuma piano, ti prego” e poi capire
che il futuro è già stato
e non può cambiare.
E che il tempo mi passa e mi passa sopra,
e tu entravi dicendo: “Vuoi che ti copra,
Ninni, è tradi, fa freddo, stai già dormendo?”
Ninni, Ninni, Ninni…
Ninni è stanco, Ninni ha guardato
Ninni ha pianto, Ninni ha perduto
Ninni ha amato tanto da non amare più.
Quante volte ho pensato di rinunciare
e lasciargliela lì come fosse un gioco
questa vita che è niente
ma non è poco,
quanti mezzi sorrisi ai miei ritorni,
quante corse da scemo sui treni fermi
quanti che chiamo
e non si san più voltaare.
Tu sei bella e mi guardi senza parlarmi,
non ti sei neanche accorta di assomigliarmi,
e non sai quanta voglia avrei di dirti
che tuo figlio non è cambiato,
era solo ma si è aspettato,
ed è sempre come lo chiamavi tu
Ninni, Ninni, Ninni…