SPRING IN THE DARK, LA SPERIMENTAZIONE DI DAVID GÓMEZ PER IMMAGINI SONORE

Classe 1974, David Gómez è un pianista e compositore spagnolo nato a Wattwil (Svizzera). Il suo ultimo lavoro si intitola Spring in the dark (Blue Spiral Records): un album di dodici brani, alcuni dei quali eseguiti al pianoforte dallo stesso autore, altri orchestrali suonati dalla Budapest Symphony Orchestra.

La prima traccia, Spring in the dark, dà il titolo all’album. Si tratta di un brano orchestrale dal forte carattere cinematografico, che non disdegna motivi melodici orecchiabili e trame sonore ammiccanti che dipingono un quadro a tratti malinconico.

Rain, secondo brano del disco, presenta per la prima volta l’altro protagonista sonoro: il pianoforte. Accompagnata dal rumore della pioggia, una melodia leggera, suonata su ottave molto acute; si appresta ad imitare il tintinnio della pioggia in un’atmosfera sognante che ricorda il suono di un carillon. A seguire, ancora una volta al pianoforte, questa volta accompagnato dagli archi, Solitude. La composizione descrive egregiamente la sensazione di disagio e tristezza; un lento climax sonoro accoglie prima il pianoforte, poi il violino, infine tutto l’ensemble d’archi in un exploit contenuto eppure maestoso.

Dopo una breve introduzione low-fi al pianoforte, Oxytocin si apre all’intera orchestra con una melodia dal sapore retrò che ricorda i vecchi film in bianco e nero. Al terzo minuto compare nuovamente il tema al pianoforte per ripartire in un nuovo slancio orchestrale. Lento e ricco di suoni nel registro grave, La plage sembra nascere dalle viscere della terra. Poche note al pianoforte vengono sostenute da una fittissima trama di archi, che ricopre l’intero spettro sonoro. La dinamica altalenante e sognante trasporta l’ascoltatore, impossibile distrarsi.

Titolo italianissimo per È la vita, sesto brano dell’album dove il pianoforte corre in solitaria, veloce e composto, con leggeri rallentamenti e ripartenze che permettono di dare ampio respiro ed ariosità all’intera composizione acuendone la suggestione e la melodia. Inaspettato e curioso, La valse de Viana si discosta dai brani precedenti contraddistinguendosi per una vena un po’ più classica. Un valzer lento e nostalgico dove troviamo la fisarmonica duettare assieme al pianoforte.

Princess of the lake si colloca ancora una volta in quel filone musicale cinematografico, che sembra quasi descrivere in musica paesaggi e ambientazioni fantasy. La traccia orchestrale di poco più di quattro minuti si caratterizza per alcuni crescendo di timpani e archi e per il tema leggero e orecchiabile. Japanese girl esordisce con una introduzione parlata che anticipa il pianoforte. Le note si sentono quasi in lontananza, in una simil registrazione low-fi sostenuta da un imponente riverbero. La melodia orientaleggiante suonata su ottave acute viene intervallata da spezzoni parlati.

Ancora una volta la fisarmonica per un altro valzer, La valse de Déborah. Più allegro e spensierato, si lascia trasportare dal pizzicato del contrabbasso fino al primo minuto, quando l’intero brano viene messo sullo sfondo di una registrazione di una città, per diventare quasi una “musica udibile dalla strada”. Un effetto momentaneo per poi ritornare protagonista assoluto della traccia. Mon étoile si contraddistingue per un’introduzione “quasi vocale” che accompagna il tema del pianoforte. Il brano si sviluppa lento e melodico, accompagnato a tratti da leggerissime fasce sonore che sostengono la melodia.

Dodicesima e ultima traccia dell’album la sperimentalissima Fugue. “In questa o in un’altra vita sarai sempre il mio amore”, frase che viene ripetuta in numerose lingue sostenute da un leggerissimo pad sonoro per poco più di un minuto. Le parole si accavallano l’una sull’altra infittendo una trama sonora e parlata in un vortice composto e mai confusionario.

Melodico, orecchiabile, volto alla contaminazione sperimentale. Spring in the dark di David Gómez raccoglie interessanti spunti sonori e non si lascia imbrigliare in una sola categoria, etichettatura o genere musicale. Dal primo all’ultimo brano sottolinea il gusto del bello e del melodico.

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