“Storia di un impiegato” di Fabrizio De André compie cinquant’anni

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Storia di un impiegato di Fabrizio De André

«Un impiegato ascolta, 5 anni dopo, una delle canzoni del maggio francese 1968»

Con queste parole tratte dalle note del libretto di Storia di un impiegato di Fabrizio De André, il produttore e co-autore co-autore Roberto Danè introduce questo concept album.

Nel panorama della musica italiana, pochi album possono vantare una profondità e una complessità simile a quella dell’opera di Fabrizio De André intitolata Storia di un impiegato. Pubblicato il 2 ottobre del 1973, questo capolavoro è considerato uno degli apici della carriera del cantautore genovese e un punto di riferimento nella storia della musica italiana.

Storia di un impiegato” ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica italiana. Le tematiche affrontate da De André in questo album sono universali e ancora oggi attuali, rendendo la sua musica eterna e sempre rilevante. L’abilità di De André nel raccontare storie profonde e toccanti attraverso la sua musica è una testimonianza del suo genio artistico.

“Storia di un impiegato” di Fabrizio De André è un capolavoro che ha segnato un’epoca nella musica italiana. Le sue canzoni, intrise di introspezione, critica sociale e politica, continuano a toccare il cuore di chiunque abbia la fortuna di ascoltarle, confermando il talento immortale di questo straordinario cantautore.

L’Introspezione Sociale e la Critica Politica

Storia di un impiegato” è un album tormentato da una maniacale auto-analisi politica e sociale su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. De André, già noto per la sua capacità di raccontare storie toccanti e spesso cupe, raggiunge in questo lavoro un livello di maestria compositiva e poetica che rimane ancora oggi senza pari. Forse l’unico in grado di pareggiare De André nel cantautorato italiano è stato lui stesso nei suoi album successivi.

Il Contesto Socio-Politico degli Anni ’70

L’album è stato pubblicato in un momento cruciale per l’Italia, caratterizzato da tensioni sociali e politiche. Gli anni ’70 furono segnati da conflitti e movimenti di protesta che coinvolsero ampie fasce della società. Le agitazioni di quegli anni verso il sistema politico contribuirono a creare un terreno fertile per la diffusione di opere artistiche impegnate e socialmente consapevoli come “Storia di un impiegato“.

Accoglienza della critica a Storia di un impiegato di Fabrizio De André

L’accoglienza negativa di “Storia di un impiegato” non è stata solo di natura artistica, ma anche politica e sociale. Gli anni ’70 erano un periodo di forte agitazione sociale in Italia. C’erano movimenti studenteschi, proteste operaie e una crescente critica nei confronti delle istituzioni. Ma anche musicalmente gli anni ’70 in Italia erano effervescenti e vivi.

Le tematiche affrontate da De André nell’album, come l’alienazione, la violenza e l’ingiustizia sociale, risuonavano fortemente nel pubblico di quegli anni. Ciò nonostante il pubblico e la critica furono (o vollero) essere ciechi.

Il disco venne duramente attaccato dalla stampa di sinistra vicina al movimento studentesco. Così lo ha recensito, ad esempio, da Luigi Manconi:

«Storia di un impiegato è un disco tremendo: il tentativo, clamorosamente fallito, di dare un contenuto “politico” a un impianto musicale, culturale e linguistico assolutamente tradizionale, privo di qualunque sforzo di rinnovamento e di qualunque ripensamento autocritico: la canzone Il bombarolo è un esempio magistrale di insipienza culturale e politica».

Riccardo Bertoncelli – già preso di mira da Francesco Guccini in una celebre canzone – lo definì un disco «verboso e datato».

Anche Enrico Deregibus ne diede un giudizio sostanzialmente negativo:

«L’album è sempre stato considerato, anche dal suo autore, come uno dei più confusi. La vena anarchica di De André deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio, e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti. Non a caso è l’ultimo episodio della collaborazione tra i due».

Dissenso unanime

L’album ha ottenuto un dissenso quasi unanime da parte dei critici musicali dell’epoca, sia quelli di destra, come è ovvio, sia da quelli di sinistra. Le liriche di De André, cariche di significato e spesso intrecciate con riferimenti storici e politici, sono state forse troppo complesse per la loro capacità interpretativa.

Oltre all’affossamento della critica, “Storia di un impiegato” ottenne anche un notevole insuccesso commerciale. L’album non raggiunse mai alte posizioni nelle classifiche di vendita e contribuì in modo significativo a consolidare la fama di De André come cantautore difficile e anti-pop.

Forse l’unica traccia che stride nel concept-album è proprio quella più di successo, “Verranno a chiederti del nostro amore“. La più intima è personale, dove lui scavalca il suo personaggio e lo mette in secondo piano. Il figlio Cristiano De André spiega così il significato e la nascita di Verranno a chiederti del nostro amore:

«Ma, certo, Verranno a chiederti del nostro amore mi colpisce ogni volta come un machete. E mi riporta indietro a quella notte. Dormivo con mia madre, perché mio padre doveva lavorare. Alle cinque del mattino, lui viene a svegliarla. “Ho scritto una canzone per te”. Mia madre lo segue in salotto e mio padre le canta alla chitarra Verranno a chiederti del nostro amore. Io, che spiavo da dietro la porta, vedo mio padre emozionarsi e mia madre piangere. Non dimenticherò mai quel momento. E quei versi, “continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?”, sono i più belli che mio padre abbia mai scritto».

De Andrè ha quindi scritto questa canzone per la prima moglie e madre di Cristiano: Enrica Rignon.storia-di-un-impiegato-di-fabrizio-de-andré

La musica degli anni ’80 in Italia ha preso tutta un’altra piega e quest’album è stato dimenticato. Storia di un impiegato è stato riscoperto e riconosciuto come un’opera di straordinaria profondità e valore solo vent’anni dopo, negli anni ’90. Quando la musica in Italia iniziava a provare un po’ di nostalgia.

Le Tracce e il concept dell’Album Storia di un impiegato di Fabrizio De André

Storia di un impiegato” si configura come un concept album, in cui ogni brano è connesso da un filo conduttore comune. La narrazione ruota attorno a un oscuro impiegato che, riflettendo sulle rivolte del maggio francese, si confronta con il proprio immobilismo e l’accettazione passiva del potere borghese oppressivo.

Nel suo sogno, concepisce una ribellione audace: lanciare una bomba durante un ballo mascherato, dove convergono tutti i simboli e i falsi miti di religione, cultura e famiglia che desidera abbattere. Tuttavia, l’impiegato si rende conto che questa liberazione è illusoria. Di fronte a un giudice, scopre che la sua ribellione è stata possibile solo grazie a un tacito consenso del sistema, del quale è stato inconsapevolmente strumento.

In seguito, l’impiegato si distacca dal sogno e abbraccia una ribellione autentica, costruendo una bomba e decidendo di lanciarla in Parlamento. Purtroppo, il suo intento fallisce e l’esplosione danneggia solo un’edicola. Questo evento lo conduce in prigione, dove comprende che la lotta non può e non deve essere condotta individualmente, ma deve trasformarsi in un impegno collettivo per il bene comune.

Canzone del Maggio

Il brano d’apertura, “Canzone del Maggio“, il testo di Canzone del Maggio prende spunto liberamente da un canto del movimento di protesta francese del 1968, di Dominique Grange, intitolato “Chacun de vous est concerné“. Quando De André entrò in contatto con Grange per ottenere l’autorizzazione a pubblicare il brano, la cantante francese glielo regalò, senza neanche richiedere i diritti d’autore.

Esiste una versione alternativa della “Canzone del Maggio“, caratterizzata da un testo differente (che si discosta dalla traduzione letterale dell’originale), talvolta eseguita dal vivo dal cantautore genovese. La Produttori Associati ha pubblicato una registrazione di questa versione in una cassetta antologica in formato Stereo 8. Il ritornello di questa versione recita “Voi non avete fermato il vento, gli avete fatto perdere tempo”; inoltre, sono presenti ulteriori variazioni.

La bomba in testa

In questa composizione, l’impiegato si confronta con il fervore degli anni Sessanta, unendosi idealmente ai giovani, seppur con un ritardo di cinque anni. Tuttavia, il suo approccio è segnato da un individualismo e da una propensione alla violenza. La narrazione prende il via con l’impiegato, che inizialmente si dedica al proprio lavoro in modo passivo e rassegnato. Col progredire della canzone, assistiamo a una trasformazione interiore, scaturita dall’ispirazione tratta dall’esempio dei giovani ribelli. Alla fine della canzone, l’impiegato si unisce idealmente a loro.

Al ballo mascherato

Questa canzone incarna il primo sogno, la primordiale esperienza onirica in cui l’impiegato, impugnando un esplosivo, immagina di annientare i simboli del potere, cancellando dall’esistenza gli spiriti di personaggi come Cristo, Maria, Dante Alighieri, l’ammiraglio Nelson, il padre e la madre. In questa visione, il potere si manifesta nelle diverse sfaccettature della società borghese: dalle sfere culturali a quelle genitoriali, dalle istanze politiche a quelle ideologiche e religiose, e così via. L’obiettivo è quello di smascherare gli ipocriti, delegittimare il potere e colpire le istituzioni nel loro nucleo.

Sogno numero due

Nel prosieguo del sogno, l’impiegato si trova a processo e viene smascherato dal giudice (“Imputato, ascolta, noi ti abbiamo ascoltato. Tu non sapevi di avere una coscienza al fosforo piantata tra l’aorta e l’intenzione”), il quale gli fa notare come l’esplosione abbia in realtà rinvigorito e alimentato il sistema. Inseguito dalla sua personale brama di potere, l’impiegato ha finito per giudicare, giustiziare e persino uccidere i potenti, tutto per guadagnarsi un posto di rilievo e diventare l’unico simbolo del potere.

La peculiarità di questa traccia risiede nel fatto che il testo è recitato su una base ritmica, intervallato da parti orchestrali.

La canzone del padre

Il giudice consente all’impiegato di optare per una vita tranquilla e integrata. Quest’ultimo decide di intraprendere la stessa strada di suo padre, trovandosi al suo posto tra i “piccoli” e i “grandi”. Tuttavia, si rende conto della miseria e della futilità della sua esistenza. L’ipocrisia e la fragilità del mondo borghese, insieme alle paure meschine e limitate, prendono il sopravvento fino a svegliarlo dal sogno.

Il bombarolo

L’impiegato, spinto da motivazioni disperate (“se non del tutto giusto, quasi niente è sbagliato”), si impegna nella preparazione di un dispositivo esplosivo con l’intenzione di compiere un attentato vero e proprio. Tuttavia, l’unico risultato di questo gesto è renderlo oggetto di derisione, soprattutto agli occhi della sua fidanzata. In questo modo, emerge chiaramente la sua sete di protagonismo e la sua maldestrezza.

Il brano si conclude in modo emblematico con un ritorno all’introduzione dell’album.

Verranno a chiederti del nostro amore

L’impiegato, dal carcere, vede la sua donna schermirsi nelle interviste ai giornali, ripensa al loro rapporto e, temendo per la sorte di lei nel futuro, quasi rassegnato, le chiede di prenderlo in mano e fare le proprie scelte con autonomia.

Il brano si intitolava in origine Lettera alla donna e prima della dichiarazione del figlio Cristiano si pensava fosse stata composta per l’allora fidanzata Roberta, la stessa ‘protagonista’ di Giugno ’73.

Nella mia ora di libertà

Nel carcere, l’impiegato attraversa una maturazione definitiva, un percorso che lo conduce dalla sfera dell’individualismo alle lotte collettive. La canzone inizia con la decisione di rinunciare all’ora d’aria, per poi dipingere un quadro dell’inefficacia della vita dietro le sbarre. Il carcerato acquisisce una consapevolezza cruciale: capisce “che non ci sono poteri buoni”.

Il culmine della canzone è rappresentato dal sequestro degli agenti penitenziari ad opera dei detenuti, in un’azione congiunta. La frase è resa al plurale per sottolineare il passaggio dalla protesta individuale del protagonista a una lotta collettiva che richiama il tema della Canzone del Maggio. Dal punto di vista musicale, il brano richiama sia quest’ultima che “La bomba in testaLa bomba in testa“.

Tre tracce simbolo di Storia di un impiegato di Fabrizio De André

Il bombarolo

Verranno a chiederti del nostro amore

Nella mia ora di libertà

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